Cattivi maestri

«Padre nostro che sei nei cieli sia santificato il Tuo nome venga il Tuo Regno sia fatta la Tua volontà come in cielo così in terra. Dacci oggi il nostro pane quotidiano rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori e non abbandonarci alla tentazione ma liberaci dal male Amen».

Che male c’è nella preghiera del Padre nostro per la benedizione di una scuola?

Ebbene, nel caso di Precenicco, piccolo comune del Friuli Venezia Giulia, circa 1.400 anime, il male è nella maestra che ha fermato il prete mentre dava la benedizione il giorno dell’inaugurazione. È successo mercoledì e il caso ha avuto ampia eco sui giornali.

La maestra zittisce il prete nel momento in cui dovrebbe essersi chiusa, finalmente, la querelle sul crocifisso in classe.

La sentenza a Sezioni unite 24414 ha stabilito che l’affissione del simbolo cristiano «non costituisce un atto di discriminazione».

Dunque mi chiedo che gli è venuto in testa alla maestra che ha avuto l’ardire di stoppare don Cristiano Samuele Zentilin che, come da copione, con una mano sull’aspersorio, cominciava a pregare portandosi dietro il centinaio di presenti, tra adulti e bambini, nel giorno del taglio del nastro dell’istituto scolastico.

Pare che si siano indignati tutti per il comportamento dell’insegnante: sindaco, presidente del consiglio regionale, consiglieri.

Ma, aldilà del caso, resta una domanda: cos’ha da insegnare questa donna ai bambini? A non pregare?

Cosa può insegnare un soggetto tanto impertinente, presuntuoso al punto da stoppare un prete che fa quello che è chiamato a fare?

So bene che la scuola, in Italia, è nella merda. Basta scorrere un paio di post a caso su Facebook per vedere come scrivono gli italiani, l’uso che fanno della grammatica. Questo lascia chiaramente intendere che siamo in balìa di cattivi maestri, non solo a scuola naturalmente.

Nell’atteggiamento di questa somara ci leggo, oltre agli effetti liberticidi della cultura dominante, grande arroganza, profonda ignoranza, estrema superficialità, massima supponenza di chi è convinto/a di sapere e per questo ignora di essere stupido/a.

La cultura, la tradizione, la storia, la religione non si negano a nessuno. 

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