Le squillo al soldo di Napoleone-Stalin

Nella Fattoria degli animali il maialino Squillo impersona l’intellettuale al soldo del regime (modificava i comandamenti al punto che ne rimane uno: gli animali sono tutti uguali ma alcuni sono più uguali degli altri).

Di squillo ai tempi nostri cominciano ad essercene un po’ troppi. Segno che tira una bruttissima aria.

Ai Gad Lerner, alle Michele Murgia e ai Roberti Saviano si aggiungono attricette e starlettine varie stile Fedez, ultimamente due si sono fatti notare in particolare per le castronerie che hanno detto: Edoardo Albinati e Tomaso Montanari.

Sorpresi, come il maialino di Orwell che imbastisce i miti del potere, ai piedi della scala con secchiello e vernice (usata per cancellare e riscrivere i comandamenti e accomodare la realtà al regime).

Ecco come se li cucina questi due maialini (Albinati in particolare) un giornalista che apprezzo in modo particolare, Francesco Borgonovo:

La Verità del 3 settembre: Breve riepilogo. Lo scrittore Edoardo Albinati – vincitore del premio Strega nel 2016 ma consegnato alla Storia per aver auspicato che morisse un bambino sulla nave Aquarius carica di migranti onde mettere in difficoltà Matteo Salvini – ha pubblicato un libro in cui scrive tra le altre cose, che il sottoscritto dovrebbe ricevere “ciò che si merita” cioè “un fracco di legnate”. Motivo? Durante una trasmissione televisiva – Otto e mezzo di Lilli Gruber – ho osato esprimere argomentazioni contrarie al ddl Zan.

Come i vigliacchi, Albinati mi descrive ma non fa il mio nome. Come i mafiosi, evoca minaccioso generici rischi per la mia incolumità fisica. Come i bambini delle elementari, non potendo rispondermi con argomenti seri, si concentra sul mio aspetto fisico e i miei modi. Pensando di offendermi, costui dice che sembro un seminarista, un pretino. Poi suggerisce – forse basandosi su passate esperienze personali – che io sia un “frocio”. La sua argomentazione è un filo tortuosa, ma provo a riassumerla. In quanto contrario al ddl Zan, spiega Albinati, io vorrei “che si continuasse a essere liberi di chiamare frocio un frocio”. Motivo per cui egli intende rendermi pan per focaccia e “fare emergere” la mia “vera natura” gridandomi: “A frocioooooo”.

Essendo Albinati un Albinati, non sa che più volte – in televisione e su questo giornale – ho ripetuto un concetto chiaro: combattere il politicamente corretto non significa utilizzare parole come frocio e negro o offendere la gente. Pensate, l’ho detto anche durante conferenze in piazza e presentazioni di libri: Albinati, invece, durante le presentazioni si augurava la morte dei bambini. Che volete, ciascuno ha il suo stile. In ogni caso, mi chiami pure come vuole, non mi offendo.

Se torno sulla vicenda, tuttavia, non è per parlare di me o di Albinati, che nemmeno conosco. Il punto è che questa storiella fornisce un interessante spunto di riflessione sullo stato di quello che una volta era il dibattito politico-culturale italiano. Il libretto di Albinati, nei giorni scorsi, è stato ampiamente celebrato sui principali quotidiani italiani, a partire dal Corriere della Sera. E’ stato commentato sui social da nomi noti, come Luca Sofri e il direttore della collana Einaudi Stile Libero, Paolo Repetti. Tutti hanno speso parole di lode, nessuno ha trovato sgradevole che lo scrittore invitasse a menare un “giornalista di destra” a prescindere da chi fosse. Già questo basterebbe a far capire che bella aria tiri dalle nostre parti (a meno che, e può essere, gli amici di Albinati abbiano lodato il suo libro solo perché dovevano, senza leggerlo: in questo caso sono scusati).

C’è però almeno un altro aspetto della faccenda che merita di essere approfondito. Provo a chiarire. Albinati è convinto che io sia “frocio”. Bene: egli dichiara che dovrei essere pubblicamente indicato quale omosessuale, quindi aggiunge che dovrei essere malmenato perché sono contrario al ddl Zan.

Stando al suo ragionamento, allora, un omosessuale può essere insultato e addirittura picchiato se le sue posizioni politiche non coincidono con quelle stabilite dall’elevato circolo di illuminati progressisti. L’omosessuale, dice Albinati, è tale e merita tutela solo se si adatta all’abitino stretto che la sinistra ha cucito per lui. Se esce dal seminato, giù legnate.

E infatti le attiviste lesbiche ostili alla legge bavaglio arcobaleno vengono regolarmente insultate, minacciate, vilipese. E’ accaduto anche a una intellettuale transgender che abbiamo intervistato su queste pagine alcune settimane fa. Significa che, ai presunti buoni, non interessa “proteggere le minoranze”. Interessa, piuttosto, esibire solidarietà e tolleranza per ottenere visibilità, e portare avanti le istanze dei gruppi sociali “perseguitati” soltanto al fine di sfruttarne il potenziale politico ed elettorale.

Detto in maniera semplice, così che possa capirlo anche Albinati: fanno i froci con il culo degli altri; fingono di preoccuparsi dei (presunti) oppressi perché li vogliono comandare. Se non è utile alla causa, se non porta acqua al mulino, la minoranza può tranquillamente andare a quel paese, essere angariata e persino picchiata. Un nero vota a destra? Non è un vero nero, ma uno zio Tom. Un gay è conservatore? E’ una checca che odia se stessa.  Un musulmano è contro l’aborto? Stesse zitto e si limitasse a parlare di ius soli.

Una dimostrazione lampante di tale atteggiamento la fornisce il sempre simpatico Tomaso Montanari, il quale si è permesso di sminuire il dramma della minoranza istriana e di offendere la memoria dei giuliano dalmati. Avesse offeso una minoranza amica, tipo i trans, apriti cielo. Ma poiché ha sminuito le foibe, tutto bene. Anzi, adesso è lui, Montanari, a passare per “vittima dei fascisti” tanto che intellettuali e storici firmano appelli in sua difesa.

Se a chiamare un giornalista di destra “frocio” e a minacciare le bastonate fosse stato un perfido no vax, oggi troveremmo sui quotidiani e sui siti colate di sdegno. Se uno scrittore identificato come “di destra” avesse scritto (sbagliando) le stesse parole di Albinati ma le avesse riferite ad altri, ad esempio a Tomaso Montanari oggi ci sarebbero editoriali allarmati sul ritorno dell’onda nera e sulle oscure forze della reazione in agguato. Poiché però insulti, offese e minacce arrivano da sinistra, non accade nulla.

Chi ridacchia per i libri di Giorgia Meloni a testa in giù resta bello tranquillo in cattedra; chi scrive che Matteo Salvini è come Hitler raccoglie applausi. Gli odiatori – se rivolgono il loro odio verso la parte giusta – rimangono comodi sulla poltroncina, celebrati dai giornali amici, a gustarsi i grattini dei cortigiani.

Tutti gli altri, invece, devono pigliarsi gli insulti e stare zitti.

A me, se non altro, resta una piccola consolazione: sempre meglio frocio che Albinati.   

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